Nel prossimo autunno l’Ocse pubblicherà una grande inchiesta internazionale su 25 paesi. Le anticipazioni sono sconfortanti:
quasi la metà degli italiani
sarebbe al limite dell’analfabetismo e totalmente ignara della propria condizione. Oltre all’esecuzione dei calcoli matematici in cui pure non brilliamo, si registra un analfabetismo funzionale del tipo,
leggo ma non capisco, fenomeno peraltro caratteristico delle prime fasi dell’apprendimento delle lingue straniere. I numeri non sono tutto ma danno sempre un’idea - dal Rapporto Censis 2012 e dal Rapporto ISTAT sulla situazione sociale 2012: 2 milioni i giovani che tra i 15 e i 24 anni non studiano né lavorano, condizione che ci colloca all’ultimo posto in Europa.
Oltre 3 milioni gli italiani
di età inferiore ai 34 anni che non studiano né lavorano. Secondo il XII Rapporto sulla formazione continua pubblicato dall’Isfol, nei paesi scandinavi i lavoratori arrivano a dedicare un anno intero alle attività formative, mentre quelli italiani, assieme ai greci e ai turchi, superano di poco 1 mese di formazione, anche se secondo Unioncamere, vi è una leggera inversione di tendenza. Come e quando la situazione ci è sfuggita di mano? L’antica
paideia resta un punto di riferimento ancora oggi per chi si occupa di formazione ma dice bene Grace Hopper, matematica e progettista di sistemi
“
la frase più pericolosa in assoluto è: abbiamo sempre fatto così”
Ecco non possiamo più basarci sui modelli del passato - il mondo è cambiato, sta cambiando e noi con lui. Siamo al punto in cui dobbiamo insegnare ciò che pochi sapevano fino a ieri e prepararci ad insegnare ciò che nessuno sa ancora, ma che tutti dovranno sapere domani. Sul piano operativo, questo significa attribuire valenza centrale alla metaconoscenza, alla conoscenza della conoscenza, poichè tutti i contenuti disciplinari hanno subito trasformazioni in termini di approccio. Ora che tutte le informazioni sono liberamente accessibili, si viene chiamati a una co-costruzione del senso e del significato attraverso una didattica di matrice euristica (eureka! Ho scoperto!).
Le competenze richieste dalla società della conoscenza
sono tutte da aggiornare, in quanto maggiormente rilevanti risultano la padronanza dei linguaggi e dei codici, i criteri procedurali e quelli esplicativi, le chiavi di accesso e l’introiezione di come operano algoritmi e diagrammi di flusso, la trasferibilità su larga scala di paradigmi in grado di integrare l’utilizzo di nuove tecnologie, le
learning activities a tutto vantaggio della replicabilità in contesti altri. E’ dunque di cruciale importanza apprendere e poi presidiare il metodo di costruzione e decostruzione del sapere per creare menti critiche in grado di orientarsi nella realtà a 360° gradi, anche per dare le ali al pensiero divergente. Non è importante conoscere tutto, bensì sapere dove e come andarlo a cercare. Oggi che i luoghi e i tempi della formazione vanno dematerializzandosi, oggi che la formazione sta divenendo in larga parte un processo asincrono, e malgrado ciò lo studente è meno isolato sul piano intellettuale, è necessario tenere presente che non siamo solo quello che mangiamo – siamo soprattutto quello che raccontiamo. E’ dunque altrettanto importante riuscire a mettere a fuoco ciò che apprendiamo, ciò che ci ha cambiati, ciò che ci ha formati, ciò che ha dato vita a nuovi saper essere all’interno di una società sempre più complessa a legami sempre più deboli.
Alessandra Schettino
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