L’istruzione nautica in Italia negli ultimi cinquanta anni
L’istruzione nautica in Italia ha subito, negli ultimi 50 anni ben quattro modifiche: nel 1961 furono elaborati i nuovi programmi che prevedevano un biennio comune e un triennio di specializzazione. Quest’ultimo comprendeva un insieme di materie “professionalizzanti” il cui monte ore nel triennio era pari a 2145 ore. Dopo circa 20 anni prese il via la sperimentazione denominata
“Progetto Orione”
che introduceva il terzo anno comune, lo studio congiunto della Navigazione e delle Macchine sia per gli allievi capitani che macchinisti al terzo anno, l’aumento del monte ore delle materie professionalizzanti dell’intero triennio che risultava essere di 2178. Il progetto Orione, con il terzo anno comune, tendeva a fornire una base professionale generale più solida onde poter innestare, nel quarto e quinto anno, contenuti professionali maggiori e più approfonditi. Recepiva in qualche modo le novità introdotte dalla convenzione denominata STCW ’78, sui requisiti minimi del personale navigante anche se questi ultimi erano ampiamente già soddisfatti dai marittimi italiani. Agli inizi degli anni ’90 prendeva il via il
“Progetto Nautilus”
che sostituiva quello precedente. Introduceva nuove materie nella vana speranza di aprire ai diplomati nautici altre “porte” nel mondo del lavoro dello shipping italiano. Il monte ore delle materie professionalizzanti del triennio ritornava a 2145, ma diminuivano le ore settimanali delle materie professionalizzanti tradizionali.
La quarta ed ultima modifica è di questi anni ed è dovuta alla riforma Gelmini della scuola secondaria superiore che per tutti gli istituti tecnici ha fissato in 1217 ore il monte ore delle materie professionalizzanti del secondo biennio e del quinto anno.
Fin qui l’istruzione. E la formazione post-diploma? Totalmente assente! Gli unici momenti di “verifica” della professionalità dell’ufficiale, una volta avviatosi al lavoro sul mare, era rappresentato dagli esami di grado, ossia dall’esame per conseguire il cosiddetto “patentino” e da quello per conseguire la “patente”, sia per il settore coperta che per la macchina, ovviamente dopo rispettivamente 18 e 48 mesi di navigazione. Come ci si rende conto, mai, in Italia, si è fatta strada l’idea della formazione continua, eccezion fatta, nel passato, per qualche voce solitaria rappresentata dall’indimenticabile Corradino Ciampa.
Del fatto che in Italia non si è mai pensato ad una formazione continua nel campo marittimo, si ebbe una mortificante conferma dagli esiti della visita che la commissione dell’EMSA, l’ente europeo che sovrintende alla formazione, effettuò alcuni anni fa a diversi istituti nautici del nostro Paese e ad alcuni centri di formazione. Per comprendere il gap accumulato dall’Italia bisogna fare un passo indietro e ricordare che l’IMO (International Maritime Organization) alcuni anni fa pubblicò i seguenti model course (ossia dei modelli di svolgimento dei corsi):
- IMO Model Course 7.01-Master and Chief Mate
- IMO Model Course 7.02-Chief engineer officer and second engineer officer
- IMO Model Course 7.03-Officer in charge of a navigational watch
- IMO Model Course 7.04-Officer in charge of an engineering watch
I quali intervenivano, ovviamente in applicazione degli emendamenti del 1995 alla STCW ’78, sulla formazione degli ufficiali di coperta e macchina della marina mercantile mondiale.
Qualche dato contenuto negli IMO Model Course aiuterà a comprendere la linea dettata dalla stessa IMO. L’IMO Model Course 7.01 riguarda la formazione dei comandanti e primi ufficiali, ossia coloro che rientrano nel management level. Ebbene l’IMO Model Course in argomento prevede la bellezza di 691 ore di formazione per il management level, dopo, si intende, la formazione di ufficiale di navigazione in servizio di guardia che viene trattato dall’IMO Model Course 7.03 e prevede un numero di ore di formazione pari a 997. Per il dipartimento macchine le cose non vanno meglio. Ad esempio per la formazione dei direttori di macchine e primi macchinisti (sempre management level) sono previste 1202 ore.
Cosa si fa in Italia?
Viene spontaneo chiedersi: quale percorso formativo seguono gli ufficiali italiani per arrivare al management level? La risposta è semplice: nessuno!
Dopo il diploma di istituto tecnico - Settore Tecnologico - indirizzo Trasporti e Logistica (secondo l’attuale riforma), il giovane deve vedersela da solo e cercare di superare i due esami di grado che nel frattempo sono diventati “Abilitazione per ufficiale di navigazione” “Primo ufficiale di coperta su navi di stazza pari o superiori a 3000 GT” (per citare solo quelle corrispondenti ai vecchi titoli professionali suddetti) per la coperta e altrettanto per il dipartimento macchina. I relativi programmi, ovviamente, sono stati ricavati dalla STCW ‘78/’95.
E all’estero cosa si fa?
Molto di più e meglio che in Italia! Senza tentare alcun confronto con inglesi, norvegesi o svedesi, o con altre nazioni … possiamo riferirci alla Turchia! Si, alla Turchia che è un paese dell’UE, nel quale la formazione dell’ufficiale è continua e nella quale si alternano periodi di navigazione a periodi di studio a terra. In Italia ci limitiamo a far collezionare ai nostri ufficiali i corsi prescritti dalla STCW, spesso fatti nei centri-supermercati dove costano di meno, tra i quali non esistono affinità didattiche, affinità di tecniche formative, affinità di valutazione, affinità di qualità, e chi più ne ha più ne metta. Per chi non lo sapesse, siamo arrivati al bellissimo traguardo seguente: un armatore con 1500 euro per anno può addestrare tutto il personale che rientra negli equipaggi, si equipaggi, avete letto bene, di una nave! Per fare la spesa giornaliera, in un mese, una famiglia media italiana di 4 persone, forse spende di più.
Quale la soluzione?
Gli esami di grado dovrebbero essere preceduti da una preparazione effettuata in appositi luoghi e con una uniformità di processi di insegnamento – apprendimento - valutazione. I moduli di preparazione dovrebbero essere affidati a soggetti seri, responsabili e accreditati presso le rispettive regioni per la formazione professionale e presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Inoltre dovrebbero dimostrare di possedere dei requisiti che magari possono essere oggetto di approfondimento nelle sedi opportune. Agli allievi che avrebbero frequentato il modulo dovrebbe essere rilasciato, dopo un pre-esame, un certificato riportante i risultati conseguiti e da esibire al momento della presentazione della domanda per partecipare agli esami di grado. In tal modo si verrebbe a delineare un percorso di formazione continua che consentirebbe di migliorare la preparazione dei nostri ufficiali e metterli in grado di competere con gli ufficiali turchi, lituani, croati, filippini, ecc…
E i centri di addestramento?
Poiché negli IMO Model Course citati, le conoscenze oggetto delle funzioni affidate all’ufficiale tengono conto delle conoscenze e delle competenze che essi dovrebbero acquisire nei corsi obbligatori, dietro al classico “pezzo di carta” alias certificato, dovrebbe essere implementato un percorso formativo in linea con i moduli su accennati. Diversamente, i nostri ufficiali continueranno a collezionare certificati, ma continueranno anche, purtroppo ad accumulare un gap di conoscenze e competenze rispetto ai loro colleghi dei paesi accennati in precedenza. Navigare, oggi, è ancor di più di ieri, un fatto che riguarda la cultura del mare e per il mare.
Nicola Petronzi
Direttore Tecnico
ACMA Enterprise Training Center srl - Torre del Greco
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