Il rapporto che instauriamo con il cibo è senza dubbio un fatto culturale: noi non mangiamo tutto ciò che è commestibile perchè deve anche essere buono da pensare, oltre che da consumare.
In tutti i culti emerge con grande evidenza l’importanza della commensalità e dei rituali connessi con il mangiare e bere che si configurano come una delle più importanti forme di socializzazione. Le attività connesse a questo concetto, il banchetto, i riti dell’ospitalità, le feste civili e religiose, hanno sempre avuto una forte valenza sociale e di coesione identitaria.
Le grandi religioni, Induismo, Buddhismo, Jainismo, in oriente, Cristianesimo, Giudaismo e Islam, in occidente, prestano molta attenzione agli alimenti; non mancano di ricorrere a metafore alimentari, quando parlano, ad esempio, di nutrimento dell’anima, e contemplano tra i loro precetti quelli alimentari con la funzione di far comprendere all'uomo che esiste una volontà divina superiore che pone dei limiti di là dei quali l'individuo non si deve spingere, come prova d’obbedienza e stimolo all'autocontrollo.
Siamo abituati a convivere e a nutrirci con le nostre regole alimentari religiose spesso sottovalutando anche un potenziale elemento di contrasto tra le diverse visioni presenti nelle società multiculturali.
Oggi siamo, dunque, obbligati a confrontarci con i vari comportamenti per evitare conflitti o forme di discriminazione e diventa indispensabile comprendere usi e significati.
Proviamo a saperne di più attraverso l’incontro organizzato Giovedì 30 Maggio nell’Aula Magna del Dipartimento di Architettura dell’Università Federico II di Napoli, dalla Presidenza del Consiglio Provinciale di Napoli e dall’A.I.G.E.
Nessun commento:
Posta un commento