l'unico scrittore islamico a vincere il Premio Goethe. Adonis è anche attivissimo nel dibattito politico-culturale e in quello estetico-filosofico e si batte da anni per una rinascita culturale araba, in una chiave non nazionalistica o religiosa, ma di apertura alla modernità. Fuggito prima nel Libano e poi a Parigi - dove vive dagli anni 80 - ha affermato che “ogni artista è un esule dentro il suo stesso linguaggio”.
Più volte ha fustigato il suo paese e più in genere il mondo arabo, affermando, tra l'altro, che la cultura araba è paralizzata e soffre per la mancanza di libertà delle donne. Ma questo si ritorce anche contro l'uomo arabo perché è la donna che aiuta l'uomo a diventare libero. Adonis, comunque, non è tenero neanche nei confronti dell'occidente che - a suo parere - marginalizza la poesia con i media e la cultura pop.
L'opera di Adonis è stata tradotta in molte lingue. Tra le sue raccolte poetiche più importanti, “Disse la terra”, “I canti di Mihyar al-Dimashqi”, “Una tomba per New York”, “Il libro dell'assedio”, “La musica della balena azzurra”, “L'oceano nero”. Tra le varie città del mondo, questo poeta ha una speciale predilezione per Napoli, cui ha dedicato una lunga lirica, di cui ricordiamo questo brano:
“Napoli mi ha riconosciuto/dal profumo di olive sulle dita delle mani,/dalle arance premute dai campi sui miei abiti,/mi ha riconosciuto da una ferita sacra nel mio corpo/come una mezzaluna, ha un piede sulla riva orientale/ del Mediterraneo, e un altro su quello occidentale”.
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