Un’altra conseguenza della crisi economica che attraversa l’Europa è dato dall’aumento vertiginoso delle frodi alimentari, alcune di proporzioni notevoli e per così dire europee.
Questa volta l’ulteriore prova dell’ampiezza e del rapido incremento delle truffe nel settore alimentare giunge dall’avvertimento lanciato da Esther De Lange, la deputata UE responsabile del Report
sull’”Horsegate”, ossia l’arcinoto scandalo della “carne di cavallo”.
Secondo l’eurodeputata, infatti, le frodi alimentari sono ad un picco storico su tutta una serie di aspetti: pesce di allevamento venduto come selvaggio, il convenzionale come biologico, carne con una determinata origine nazionale per carne di altri paesi.
Ciò sarebbe dovuto a “debolezze strutturali delle filiere alimentari” (con possibilità di alti guadagni e rischi di essere scoperti e poi sanzionati invece bassi). Anche un elemento fondamentale delle nostre diete, l’olio di oliva risulta essere anch’esso al centro di queste stesse frodi.
Data la natura globale di queste frodi, Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, condivide pienamente l’assunto cui è pervenuta la deputata che ha chiesto di ridefinire il concetto stesso di frode alimentare, che da un punto di vista giuridico non è uniforme nei diversi stati membri dell’UE. Infatti, non in tutti i paesi viene posta nel campo penale, anzi spesso ci si trova nell’ambito civile.
Per tali ragioni, si è pensato ad una sanzione che corrisponda almeno al doppio del vantaggio economico ottenuto dall’attività lucrativa anche se, ovviamente, non è semplice arrivare ad una determinazione minima, mentre sarebbe più facile stabilire una sanzione ad valorem come nel caso delle multe dell’antitrust, dato il giro di affari contabile attribuito al prodotto incriminato.
La proposta ha spiazzato la Commissione Europea, che aveva semplicemente proposto “sanzioni pari almeno al vantaggio commerciale ottenuto”.
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