Caneve e spelonce, ovvero cantine e frigoriferi naturali. Sono questi i protagonisti dell’ultimo libro edito per i tipi DBS Zanetti. Un tempo architetture fondamentali nella società di montagna, queste strutture sono oggi quasi sconosciuti alle giovani generazioni e non solo. Da qui la scelta di dedicare loro una pubblicazione che per la prima volta ne racconta funzionamento e utilizzi in un affresco vivace e inedito della società alpina e prealpina dei secoli scorsi.
A dipingerlo, in 190 pagine complessive, sono i saggi di Marco Rech, Serena Turrin, Lois Bernard, Gigi Corazzol, Sandro Maoret, Maria Marzi, Francesco Padovani, Dunio Piccolin, Loris Santomaso: il libro è un’immersione nella civiltà contadina che è occasione anche per rievocarne antiche usanze e riti. Basti citare a questo proposito il prezioso saggio di Gigi Corazzol dedicato alle Osterie del contado di Zumelle nella prima metà del ‘600: il territorio è ben definito ma i fatti che vi si svolgono sono solo lo spunto per narrare modi e usi sociali diffusi nell’area alpina. Altrove sarebbero stati difficilmente ricostruibili ma a Mel nel bellunese, spiega Corazzol, la ricchezza dell’archivio permette questo tipo di indagini. Con risultati del tutto inaspettati, come la scoperta che nelle osterie lavoravano anche i battilana.
Ad impreziosire ciascuno dei nove saggi, introdotti dalla prefazione di Marco Rech, è un apparato fotografico estremamente ricco. Lo compongono sia immagini d’epoca – basti citare le foto della Giazzera di Ramezza nel 1921 – sia le fotografie scattate in varie località della provincia bellunese e che documentano alcune tra le caneve e le speloncie più significative ancor oggi esistenti e visibili.
Alcune sono di proprietà privata, dunque difficilmente accessibili; per le altre il libro diventa invito ad una visita. Un modo per scoprire una cultura ed una storia che è radice in parte dimenticata del presente.
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