disclosure? Sarà l’ultimo condono o no?
Il convegno organizzato oggi a Milano, a Palazzo Mezzanotte, dalla Banca Centropadana Credito Cooperativo, in collaborazione con l’Università degli studi di Bergamo, ha forse per la prima volta portato alla luce aspetti scarsamente noti ma probabilmente determinanti per l’adesione al programma di voluntary disclosure. Un programma che impatta, secondo i più recenti dati Ocse, sul 68,8% dei capitali detenuti da italiani all’estero, presenti tutt’oggi nelle banche elvetiche e che rappresenta il 7,9% del Pil.
Già introducendo i lavori del convegno, il direttore generale della Banca, Marco Moreschi, aveva sottolineato l’esigenza di dare voce ai tanti interrogativi che ancora incombono su questa forma di emersione dei capitali detenuti da italiani all’estero e di parallelo ravvedimento domestico senza sanzioni penali.
Ed ecco alcune fra le molte “sorprese” che potrebbe riservare la nuova normativa per la quale si attende a ore la circolare interpretativa dell’Agenzia delle entrate. Per chi ha scelto la residenza all’estero negli ultimi anni la voluntary potrebbe non essere una strada obbligata? Questo in relazione anche all’effettivo trasferimento di tutti gli interessi, anche affettivi, all’estero.
Esiste una voluntary disclosure domestica che consente alle imprese e alle partite Iva di autoregolarizzare gli ultimi cinque anni di attività ottenendo alla fine del procedimento un vero e proprio certificato di adesione fiscale e attribuendo alla propria azienda un maggior valore di mercato? In relazione alla condizione posta nell’intesa Italia-Svizzera relativa all’impegno elvetico a non dare seguito al recente referendum, si parla proprio in Svizzera di un imminente nuovo referendum sull’abolizione del reato di autoriciclaggio.
La voluntary e l’accordo fra i due paesi schiudono ai cittadini e alle imprese svizzere la possibilità di meglio gestire conti bancari e business in Italia.
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