domenica 13 ottobre 2013

La formazione marittima in Italia

Prendo spunto da un recente intervento sulla formazione marittima apparso sul suo  giornale il 7 agosto  per inquadrare l’argomento in una cornice un po’ più ampia.
Un po’ di storia.
Dagli anni 60 in poi si è assistito, nel mondo marittimo, ad una lenta ma costante intrusione della cultura operativa industriale che ha scalzato tradizioni e modus
operandi che per secoli ne aveva fatto un mondo a parte.
Più  fattori hanno contribuito a questa evoluzione anzi ne sono stati i catalizzatori.
Da un lato l’ingresso nell’Armamento di grossi gruppi industriali (le major petrolifere fra le prime) In secondo luogo l’arrivo, sul mercato del lavoro, di marittimi provenienti da paesi emergenti.
Terzo l’evolversi della tecnologia.

Le grandi multinazionali portano la responsabilità di aver contribuito a costruire una visione della marineria piegata a logiche industriali (standardizzazione, religione della qualità ecc.) relegando l’attitudine marinara dell’equipaggio in una sfera sussidiaria.

Nel mentre le grandi Major entravano nel business marittimo, scalzando l’Armatore classico, accadeva un altro fenomeno. I paesi marinari che fino alla metà del 900 avevano fornito gli equipaggi (Gran Bretagna, Olanda, Francia, Italia, ecc.) non riuscivano più a rifornire di marittimi  il naviglio mondiale per le mutate condizioni economiche di quei Paesi. Sono arrivati così i Filippini e gli Indiani, poi i Coreani adesso si formano equipaggi con marittimi del  Myammar e del Kiribati. Paesi non di tradizione marittima occidentale.
Il terzo elemento  che ha contribuito  a cambiare l’operatività della nave è la tecnologia. Si è affacciata sulle navi timidamente negli anni 20/30 con la girobussola, ha avuto un impulso nel dopoguerra con il radar e la radio navigazione, ha cominciato a correre negli anni 80 con le trasmissioni via satellite, con la navigazione satellitare “transit” ha accelerato con il GPS e l’AIS e la cartografia elettronica. Di pari passo ha corso l’automazione  sia in sala macchine che in coperta.

Da questi tre fattori: industrializzazione della nave, accesso al mare di nuove nazionalità, evoluzione tecnologica è scaturita la necessità di una standardizzazione a livello mondiale della professione e dell’addestramento. Il personale marittimo è divenuto così  una delle pochissime categorie di lavoratori i cui titoli professionali sono statuiti a livello internazionale da  un’agenzia direttamente dipendente dall’ ONU, la IMO International Maritime Organization.

Emanuele Bergamini

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