giovedì 5 febbraio 2015

Non aprite quei papiri! (Li leggiamo ugualmente)

Nuove prospettive per la lettura dei papiri carbonizzati di Ercolano. Un’équipe italo-francese guidata da Vito Mocella dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Imm-Cnr) e comprendente ricercatori del Cnrs francese e del Sincrotrone europeo di Grenoble (Esrf), dove gli esperimenti sono stati condotti, ha compiuto un passo di particolare rilevanza per la conoscenza della filosofia e della letteratura antica. Per la prima volta, infatti, una tecnica di imaging non invasiva con luce di sincrotrone si è rivelata utile alla lettura del contenuto stesso dei rotoli sepolti dalla famosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e scoperti 260 anni fa, senza bisogno di uno srotolamento meccanico
e quindi senza alcun rischio per l’integrità degli stessi. I risultati ottenuti hanno permesso un’analisi della scrittura, in modo da poter formulare anche un’ipotesi sull’identità dell’autore dello scritto, di carattere filosofico.

Lo studio è pubblicato su Nature Communications.
“Circa 260 anni fa, agli albori degli scavi archeologici che hanno riportato alla luce Ercolano e Pompei, fu ritrovata un’intera biblioteca all’interno di una villa appartenuta a Lucio Calpurnio Pisone, console e suocero di Giulio Cesare, e sede di un’importante scuola epicurea sotto la guida di Filodemo di Gadara”, spiega Mocella. “Tale patrimonio è inestimabile perché si tratta dell’unica biblioteca dell’antichità pervenuta ai giorni nostri nella sua interezza. Il contenuto è composto da testi per la stragrande maggioranza sconosciuti in quanto non trasmessi dalla tradizione di ricopiatura medievale”. 
I rotoli carbonizzati sono estremamente fragili e tutti i tentativi di srotolamento meccanico, nel corso dei due secoli e mezzo intercorsi dalla loro scoperta, hanno sempre comportato un rischio notevole e talvolta provocato gravi danni.
“Tutti i tentativi di utilizzare tecniche non invasive per leggere tali papiri si erano finora rivelati vani, prosegue il ricercatore Imm-Cnr. “A rendere ancor più complicato tale obiettivo c’è da considerare che nell’antichità si scriveva utilizzando carboncini ottenuti dal nerofumo dalle pareti, la cui densità è uguale a quella del papiro carbonizzato, rendendo impossibile l’uso di tecniche a raggi-X classiche. La tecnica di tomografia a contrasto di fase mediante luce di sincrotrone, invece, permette di individuare e amplificare la differenza fra papiro e ‘inchiostro’, che non penetra del tutto nelle fibre vegetali formando un leggero spessore sul foglio, dell’ordine del centinaio di microns”. 
Lo sviluppo di tale tecnica consentirà di analizzare le svariate centinaia di rotoli ancora chiusi e conservati presso l’Officina dei papiri della Biblioteca nazionale di Napoli.
 “L’individuazione di alcune parole e la ricostituzione dell’intero alfabeto greco ha consentito di avanzare delle ipotesi sul periodo dello scritto analizzato e sull’autore: si tratterebbe con grande probabilità di un’opera di Filodemo, filosofo epicureo del I secolo a.C., destinato alla scuola da lui fondata. In prospettiva, potranno essere analizzati anche i papiri della ‘Biblioteca Latina’ che secondo molti sarebbe posta a un livello sottostante rispetto a quello finora scavato”, conclude Mocella.

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