mercoledì 10 luglio 2013

Cnh Industrial

Da destra Sergio Marchionne e John Elkann
Il colore nero predominante, che denota autorevolezza e solidità industriale, accanto alla vivacità del rosso: sono questi i due colori che caratterizzano il nuovo logo di Cnh Industrial, la nuova azienda che risulterà dalla fusione di Fiat Industrial, società specializzata nella progettazione, produzione e commercializzazione di macchine per il lavoro e Cnh Global, attiva nei settori delle macchine agricole e del movimento terra.

Questo monogramma, che intende comunicare una solidità tipicamente industriale, rappresenta un’azienda che sta vivendo un periodo di profonda trasformazione organizzativa e culturale, puntando su un continuo rinnovamento dei prodotti e sulla ricerca tecnologica.

La progettazione del marchio, realizzata in collaborazione con Robilant Associati, è stata guidata dalla volontà di creare un’icona in cui fosse possibile ritrovare un forte legame tra passato e futuro. Da qui la rielaborazione di un logo che rappresenta un elemento di continuità e riflette le tradizioni di tutti i business di Cnh Industrial. Per Sergio Marchionne, amministratore della casa torinese, la fusione è un
“punto di arrivo naturale di un lungo processo iniziato diversi anni fa; un’operazione che risponde ad una logica di semplificazione, ma anche di crescita, di autonomia e di efficienza”.
Il gruppo Fiat Industrial, che ha conseguito ricavi nel 2012 per 25,8 miliardi di euro (in gran parte proveniente dalle vendite in Europa, Nord e Sud America, solo il 7,9% dall’Italia), un utile dalla gestione ordinaria di 2,1 miliardi, è operativo dal 1° gennaio 2011 in seguito alla scissione di Fiat spa a favore di Fiat Industrial spa in cui sono confluite le società Iveco, Cnh e Fpt Industrial. Conta inoltre 14 stabilimenti sparsi nel mondo e dieci centri di ricerca di eccellenza.

Il gruppo beneficia del solido knowhow della casa madre torinese che ha cominciato a costruire i primi trattori, autocarri, autobus e motori marini già all’inizio del secolo scorso.
 Eduardo Cagnazzi

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